Il sistema di Difesa Personale Israeliana conosciuto come il nome di Krav Maga, si caratterizza e spopola nelle palestre da diversi anni, per la sua, più o meno nota, differenza con le arti marziali e sport da combattimento.
..ma perche’ il Krav Maga dovrebbe essere diverso?
Un luogo comune e’ quello che “la palestra sia una cosa, la strada e’ un’altra”. C’e’ un fondo di verità in questa frase, perche’ le dinamiche della strada, sono diverse e su questa diversita’, e’ costruito il Krav Maga.
Tuttavia, dalla creazione di questo sistema, ad oggi cosi’ come e’ stato concepito, ha trovato alcune difficolta’ nel momento in cui e’ stato suddiviso in programmi Federali per rispondere ad esigenze di esami e livelli.
La questione piu’ importante e’ se, piuttosto, al Krav Maga poteva giovare una suddivisione e magari, poteva evolvere (escludendo le personalizzazioni che gli pseudo-Istruttori, improvvisati, creano perche’ non conoscono o almeno non conoscono abbastanza questo sistema) o trovare nuovi chiavi di lettura ed insegnamento.
Perche’ una “nuova metodologia”?
Nel tempo, la necessita’ di mettere a sistema, le innumerevole tecniche, ha comportato evidenti esigenze federali, di programma da dividere per livelli e cinte, esami, seminari. Questo, spesso, non ha creato anche valore aggiunto al praticante, anzi, ha generato confusione e rallentamenti durante il percorso di apprendimento: associazioni e federazioni hanno rivisitato i programmi tecnici, strettamente in maniera “propedeutica” e’ di tipo organizzativo, nella loro natura di corsi da frequentare con durata annuale o purtroppo, anche con doppio esame all’anno, cosi’ da sfornare Istruttori in tre anni.
Impossibile che in tale ottica, non ne risenta la coerenza e la qualita’ dello studio, l’esperienza insufficiente e la conoscenza approssimativa del singolo, comportando inevitabili limitazioni proprio di gestione di se stessi e degli strumenti a disposizione, in caso di necessita’ , che a volte non erano previsti nemmeno fin da subito nei programmi base.
Vero che, agli Istruttori e’ sempre lasciato un margine discrezionale sulla didattica, sull’eventuale integrazione di tecniche da insegnare durante l’anno scolastico, ma all’Istruttore e per quanto ai praticanti risulti interessante lo stimolo di conoscere tecniche “avanzate”, ciò evidenzia alcune lacune che sfociano all’avvicinarsi agli esami in considerazioni dubbiose, sia degli Istruttori che dei praticanti, sentendosi rispondere paradossalmente: “la tecnica DA ESAME e’ cosi’, poi NELLA REALTA’ e’ un’altra..”
Qui entra in gioco il METODO K.M.P.
Le prime due grandi caratteristiche, che incontra chi approccia alla Difesa Personale Israeliana – Metodo K.M.P. sono proprio la priorita’ riportata allo stato mentale, la psicologia e la fisiologia che riguarda le situazioni potenzialmente pericolose e pericolose; la modalita’ che consente davvero di lavorare sulle emozioni e solo successivamente il programma tecnico rivisto nella sua organizzazione, attingendo per i civili anche a programmi specialistici di tutti i settori del Krav Maga.
Il lavoro del Maestro Pasquale Franco, in merito alla violenza e le dinamiche delle situazioni pericolose, sull’istinto, le emozioni, ha avuto riscontro da parte di diversi Psicologi e negli anni e’ stato notevolmente apprezzato.
Sotto il profilo tecnico, la metodologia K.M.P. ha posto al centro di tutta la propedeuticita’, la tematica che, se l’allievo effettivamente deve conoscere e riconoscere problemi in strada, deve avere fin da subito una reale base di difesa personale. Una volta appresa la consapevolezza di come funzionano le reazioni psico-fisiche proprie e l’aggressore, il linguaggio del corpo, nelle loro tutto ritorna e riparte per essere davvero in primis, la conoscenza dei vari stati mentali e dell’istinto su ogni singola tecnica, il modo in cui essi agiscono, in modo importante prima/durante/dopo l’approccio alla tecnica.
Questo per la K.M.P. Group e’ diventata a monte, la linea che ha dettato la stesura di tutti i nuovi programmi, il cuore di ogni esperienza nelle tecniche di studio, l’obiettivo finale.
In conclusione..
Quante volte si vedono Istruttori insegnare tecniche ad allievi “sottostress”, che imparano diverse ad un problema, ma reagiscono sempre con lo stesso stato mentale. Ad esempio, se lo studio prevede due tecniche, “in ritardo ed in anticipo”, ma si mantiene lo stesso mentale “pronto”, e’ tutto inutile.
In quel modo, si imparera’ solo a difendersi quando si e’ pronti.
Con il metodo K.M.P. si studiano gli stati mentali e le emozioni del singolo praticante come percorso personale, tanti fotogrammi risolutivi a situazioni comuni e non, che possono incontrare, poi maggiore sara’ il tempo che dedicheranno all’allenamento, piu’ fotogrammi conosceranno.
Questo ribalta, tutto il programma tecnico standard, dando rilevanza fondamentale a tutte quelle tecniche che si trovano in stato mentale “passivo”, distratto, a fronte di attacchi sempre piu’ violenti, scenari sempre piu’ cruenti, dove non c’e’ mai – a livello mentale – “un” solo aggressore, “un” numero di attacco fissato, perche’ non si puo’ prevedere cosa avverra’ in strada e non si hanno certezza, bensi’ la necessita’ di dover trovare soluzioni, veloci ed efficaci, al fine di recarsi in una zona sicura il prima possibile.
Quindi si studia lo stato mentale, la psicologia e la fisiologia del combattimento, per arrivare a studiare con una didattica completamente ri-organizzata secondo tali criteri e non solo, tenendo conto del peso emotivo di ogni “situazione” studiata, in particolare per la “paura, rabbia, aggressivita’”, con un immenso programma tecnico che attinge dalle migliori fonti e al top della difesa personale da strada, secondo gli irrinunciabili criteri e principi – unici – del Krav Maga
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